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Processi e disturbi della lettura nei bambini


PREMESSA
Nell'ambito della psicologia cognitiva, i processi e i disturbi della lettura e scrittura, vengono studiati in più direzioni, con l'intento sia di interpretare i diversi deficit, acquisiti ed evolutivi, che di costruire dei modelli che permettano di spiegare la prestazione del lettore fluente. Al di là del concetto restrittivo di dislessia, le difficoltà di apprendimento della lettura si presentano in una varietà di forme.
Tra i ricercatori si è a lungo dibattuto nel tentativo di trovare un accordo, sulla definizione di dislessia. Innanzitutto si è operata una distinzione tra dislessia acquisita e dislessia evolutiva: mentre nella prima il disturbo di lettura insorge a causa di danni di tipo organico in soggetti che sanno leggere, la dislessia evolutiva riguarda invece, soggetti che, nell'apprendimento della lettura incontrano difficoltà e che hanno prestazioni molto scarse rispetto al livello scolare, nonostante istruzione adeguata, assenza di deficit intellettivi, neurologici o sensoriali e con adeguate condizioni socioculturali. Quest'ultima definizione rappresenta il punto di accordo di tutte le agenzie ufficiali che si sono occupate del problema, dall'OMS alla Federazione nazionale di Neurologia, ecc. Gli Psicologi, a proposito di questa definizione preferiscono fare alcune precisazioni:
- gli psicologi che utilizzano il termine dislessia si riferiscono a quei bambini il cui modo di leggere e scrivere è scarso rispetto alla media;
- i bambini dislessici nel processo di acquisizione della lettura hanno ricevuto una buona istruzione ed anche buone stimolazioni socioculturali.
Anche se il termine dislessia oggi è conosciuto, sarebbe più corretto parlare di difficoltà di apprendimento della lettura, specificando attraverso un'attenta valutazione in che cosa consistono per ciascun soggetto tali difficoltà. Dal momento che l'imparare a leggere è un compito complesso, che richiede un impegno delle risorse affettive e cognitive del bambino, è probabile che nel corso di questa impresa insorgano difficoltà di vario genere, difficilmente inquadrabili all'interno di una tassonomia comprendente poche categorie.

DISLESSIA: CENNI STORICI
Il primo a condurre studi sistematici ed a elaborare una teoria sui disturbi della lettura, fu l'oculista JAMES HINSHELWOOD verso la fine del secolo scorso. Egli riteneva che l'incapacità di leggere fosse dovuta ad un danno localizzato in un sito celebrale, deputato allo svolgimento delle funzioni di memoria visiva per le parole. Negli anni venti il neurologo americano ORTON elaborò come causa dei disturbi di lettura l'ipotesi del deficit di lateralizzazione. Secondo ORTON, alla base della dislessia c'era una mancata dominazione dell'emisfero celebrale di sinistra, originata da un ritardo dello sviluppo neurologico. Una serie di ricerche riportate nella rassegna di SCALISI e LONGONI nel 1986, avevano mostrato che alcuni soggetti con problemi di lateralizzazione non presentavano alcuna difficoltà di lettura. Questo aveva portato le autrici alla conclusione che meno della metà delle ricerche fatte su campioni con disturbo di lateralizzazione convalidavano l'ipotesi di ORTON. Molto ricco è stato anche il contributo degli studiosi di scuola francese, i quali hanno evidenziato nella strutturazione spaziale, nella strutturazione temporale e nella funzione simbolica, i principali fattori correlati con la dislessia. Altri autori hanno interpretato la dislessia come sintomo di un disturbo relazionale tra il bambino e l'ambiente oppure un altro contributo importante è quello di DELECATO, che riconduce il problema della dislessia a un incompleto sviluppo sull'organizzazione neurologica e propone, allo scopo di colmare i difetti di organizzazione del sistema nervoso, un programma rieducativo basato su esercizi di attività motori dei primi 2 anni di vita. Negli anni sessanta, negli Stati Uniti, sono state classificate con il termine "learning disabilities", quelle difficoltà di apprendimento connesse con l'uso del linguaggio parlato o scritto; distinguendole dai problemi di apprendimento dovuti a ritardo intellettivo, handicap sensoriali e motori, svantaggio socioculturale. In quest'ottica le cause della dislessia e difficoltà specifiche di apprendimento andrebbero ricercate in deficit delle funzioni di base (percezione, memoria, psicomotricità, linguaggio).

IPOTESI ATTUALI SULLE CAUSE DELLA DISLESSIA
È opinione quasi unanime che alla base della dislessia ci siano più cause, un unico fattore non può rendere conto delle variazioni di prestazioni in lettura da un individuo all'altro. Esistono sul piano della ricerca sei filoni di studio, ognuno dei quali propone spiegazioni diverse all'insuccesso nel processo della lettura:
1. un tipo di approccio che individua nei processi di decodifica a livello sia visivo che fonologico, la causa della dislessia;
2. un ambito di studi indaga solo su soggetti con dislessia acquisita dovuta a cause cerebrali cercando di estendere i risultati ottenuti alla spiegazione della dislessia evolutiva;
3. un settore di ricerca indica come causa principale dei disturbi di lettura i disturbi di organizzazione neurologica, in particolare di lateralizzazione;
4. un altro settore, considerando la lettura unicamente un'attività linguistica ha indagato sulla possibile relazione tra la dislessia e i disturbi del linguaggio;
5. un ambito di studio incentrato sulle differenze matacognitive e tra lettori abili e meno abili;
6. infine ricerche che hanno posto l'attenzione sulle capacità dei lettori disabili di considerare il contesto, ricerche che tengono conto di modelli di lettura top-down considerandoli processi di anticipazione fondamentali.

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